Solo coloro che tentano l'assurdo raggiungeranno l'impossibile - La mostra di M. C. Escher al Museo delle Culture di Milano

Autoritratto nello specchio sferico, M.C. Escher, 1935.
Penso che M.C. Escher rappresenti tante cose diverse per tante persone diverse. Per alcuni sarà l'artista delle costruzioni impossibili, delle famose "scale infinite", mentre per altri sarà un peculiare autore d'avanguardia, ispiratore dell'arte psichedelica, attento studente delle tassellature mediorientali. Ecco, per me, Escher non è nessuna di queste cose. O meglio, lo è tutte, ma prima e sopra di queste è l'artista della ripetizione.
Escher ha fatto della ripetizione costante, studiata, estetica, matematica di forme e motivi il filo rosso della sua produzione. È riuscito a dare dignità, valore e senso a tassellature che si elevano dal semplice ambito decorativo per diventare metafore dell'esistenza umana. La ripetizione. Vita, morte, rinascita. Vita, morte, rinascita. Questo solo "tra le altre cose".

Motivo di riempimento del piano con figure umane, M.C. Escher, 1920.
In effetti, di Escher c'è tantissimo da dire e più ancora da vedere: molto di questo "tutto" è al MUDEC di Milano, con una mostra che conta 90 opere tra incisioni, acquerelli, xilografie e litografie a ripercorrere la vita e l'evoluzione dell'artista. Dagli esordi legati all’Art Nouveau, passiamo per le rappresentazioni dei paesaggi italiani, fino all'età matura, seguendo una linea continua fatta di ispirazioni orientali, approcci scientifici e una Infinity Room in grado di restituire tutto il fascino e la magia che i lavori di Escher devono aver suscito ai suoi contemporanei durante le prime esposizioni. La mostra è stata resa possibile dal contributo della Fondazione M.C. Escher e dalla produzione del Gruppo 24ORE e, viene da sé, è altamente consigliata.
Rimane ancora qualcosa da esplorare, qualcosa che può essere approfondito tra le pareti del MUDEC, ma che possiamo iniziare a fare qui e ora. Capire M.C. Escher: alla mostra potrete farlo con video, audioguide, descrizioni e percorsi interattivi, qui possiamo farlo raccontando la sua storia.
Day and Night, M.C. Escher, 1938.
Maurits Cornelis Escher nacque il 17 giugno 1898 a Leeuwarden, nei Paesi Bassi. Mostrò sin da giovanissimo un talento naturale per il disegno, un talento che venne coltivato alla Scuola di Architettura e Arti Decorative di Haarlem, grazie soprattutto al suo insegnante Samuel Jessurun de Mesquita.
Negli anni Venti e Trenta Escher viaggiò molto in Europa, soprattutto in Italia, dove visse dal 1923 al 1935, e in Spagna. I viaggi in Andalusia, in particolare la visita all’Alhambra di Granada, furono decisivi: i mosaici islamici e le tassellature geometriche lo portarono a interessarsi alle strutture regolari e alla divisione del piano, temi che divennero centrali nella sua arte. Durante il periodo italiano realizzò molte incisioni di paesaggi e borghi, influenzate dalla luce e dalle architetture mediterranee.
A partire dagli anni Quaranta, Escher si concentrò su opere che univano arte, matematica e percezione. Creò immagini di spazi impossibili, metamorfosi di figure e paradossi prospettici. Pur non essendo un matematico, studiò in modo autodidatta principi di geometria, simmetria e topologia, e intrattenne rapporti con studiosi del settore. Le sue opere indagano concetti come l’infinito, la relatività dello spazio, la dualità tra piano e tridimensionalità e l’ambiguità percettiva.
Metamorphosis II, M.C. Escher, 1940.
Negli anni Sessanta Escher ottenne un grande successo internazionale, anche grazie all’interesse di scienziati, matematici e movimenti culturali contemporanei. Negli ultimi anni si ritirò a Laren, dove continuò a lavorare nonostante problemi di salute. Morì nel 1972.
A oggi lascia un'eredità variegata e significativa, forte delle sue innumerevoli influenze e della sua unicità, così lontana dalle mode del suo tempo e innovativa rispetto ai generi. Se Escher dovesse essere riassunto, al MUDEC come qui al MINIMAL, ne emergerebbe la figura di un artista in grado di unire Oriente e Occidente, intuizione e logica, rigore scientifico e immaginazione. Un arista di paradossi, se si vuole, ma più ancora, a giudizio mio personale, di ripetizioni.
Non è un caso che il tema ciclico delle opere di Escher faccia unire, o riunire, estremi opposti in una sintesi che ha del paradossola. Forse, e soprattutto, è questo il messaggio che Escher voleva lasciare: tutto muta fino a diventare l'opposto di sé, per poi tornare a essere l'immagine di sè stesso (Metamorfosi).
Gianmaria Indolfi
Vincolo d'unione, M.C. Escher, 1956.
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