Tim Burton, Risolutezza e Stop Motion: L'arte di Jasmine Aly Obregon
Era il 2018. Ho sottotitolato Alice di Švankmajer per farlo vedere a una ragazza molto speciale. Avevo il desiderio di condividere con lei, la mia lei, un’opera d’arte non accessibile a tutti, ma non per questo di poco spessore. Lei era un’illustratrice e Švankmajer era il mago della stop motion.
La stop motion, anche nota con il nome di "passo uno", è una tecnica di ripresa cinematografica e di animazione in cui gli oggetti vengono manipolati tra i fotogrammi in modo da creare un’illusione di movimento. Negli ultimi anni è stata resa popolare da lungometraggi come quelli della serie Wallace & Gromit, dal capolavoro di Henry Selick The Nightmare Before Christmas e da altri film di successo come Fantastic Mr Fox di Wes Anderson e Guillermo del Toro’s Pinocchio. Ho cercato in lungo e in largo l’artista giusto per potervi parlare di quest'arte e penso di averlo trovato.
In Jasmine, brillante promessa dello IED di Milano, vedo risolutezza, quella vera, con la "R" maisucola. Un connotato evidente in diversi aspetti della vita di Jasmine, nel suo modo di porsi, ma soprattutto nella sua scelta di intraprendere la strada della stop motion. Inutile dire che questa tecnica, per quanto riverita, impallidisce di fronte ai recenti sviluppi della computer grafica e dell’animazione AI. Nondimeno, ne parliamo proprio per questo, cioè per dare voce agli artisti che testardamente intraprendono le strade più dure. Per chi, come voi che leggete, ha ancora a cuore l’arte raffinata, di gusto, di complessità e d’impegno, presento l’intervista all’artista stop motion Jasmine Aly Obregon.

Grazie per questa intervista, Jasmine. Presentati ai lettori.
Grazie a te. Sono Jasmine Aly Obregon, ho 22 anni e sono una studentessa dello IED di Milano. Nasco come illustratrice: dedicarmi all'animazione stop motion è stata una scelta successiva. Dal secondo anno ho iniziato ad appassionarmi a questa tecnica e grazie alla mia docente di illustrazione per l'infanzia ho conosciuto il collettivo RES Animata dove ho imparato a fare i puppet e animare [...] È stato un percorso di un annetto, poi ho fatto un workshop in estate insieme ad altri compagni di classe e abbiamo deciso di sviluppare il nostro primo cortometraggio insieme, che sarà ispirato a La metamorfosi di Kafka.
Parliamo del tuo cortometraggio. Si tratta di un adattamento di La metamorfosi di Kafka?
No, è solo ispirato a La metamorfosi. Si tratta di un cortometraggio ibrido, metà in stopmotion, metà in 2D. Affronterà il tema della crisi dei vent'anni, le difficoltà che noi giovani abbiamo, i cambiamenti nei rapporti familiari, nelle amicizie, nei rapporti lavorativi e soprattutto all'interno del mondo del lavoro, dove veniamo praticamente buttati, senza indicazioni né altro. Utilizzeremo la metafora della metamorfosi per spiegare il cambiamento interiore: infatti, il nostro protagonista avrà una metamorfosi solo mentale, non fisica [...] si vede come uno scarafaggio all'inizio del corto, perché è la visione che ha di sé stesso all'interno del mondo, quindi come un essere insignificante, quasi mostruoso, quasi schifato dalla sua famiglia. [...]. Alla fine cambierà il modo in cui vede sé stesso: non è una trasformazione fisica propria come quella in Kafka.
Mi hai detto che la crisi dei vent'anni è il focus del tuo lavoro. Credi che questa insicurezza sia molto comune tra i ventenni?
Guarda, anche parlando con le mie colleghe, ci siamo accorte che i venti sono gli anni del cambiamento per molte persone. Per esempio, possono cambiare i rapporti all'interno della famiglia, dove a volte arrivi anche a una ribellione perché cerchi la vera personalità di te stessa, che non è più influenzata dalla tua famiglia. Oppure, nei rapporti d'amicizia: molti rapporti presenti sin dall'infanzia si modificano, tendono ad evolversi, a cambiare, e si diventa persone non più compatibili, con visioni diverse del mondo e diversi modi di vivere. Chi studia, chi comincia a lavorare da subito [...]. Le cose si modificano e direi che tutti quanti a vent'anni affrontiamo dei cambiamenti non indifferenti. C'è sempre insicurezza nel cambiamento. Io voglio parlare di questo.
Chi è Raul?
Raul è uno dei puppet che ho fatto durante il workshop con RES Animata ed è stato il mio primo puppet fatto bene perchè prima ne avevo fatto uno per loro per un progetto di una serie televisiva. [...] Raul è il primo fatto bene. Ed è un pesce boia [sic]. Io lo chiamo Raul Boia [ride]. L'idea è nata da Masterchef Spagna: c'era un episodio in cui Joaquìn Levinton, che è un cantante che presenta sempre piatti molto particolari, ha presentato il suo piatto; la giuria gli ha chiesto che tipo di pesce fosse e lui, non sapendo rispondere, ha chiesto se volevano il nome preciso del pesce. Ha quindi risposto "Raul!" Perché ci aveva visto un "Raul" in quel pesce!
La domanda sorge spontanea: sei appassionata di cucina?
No [ride]. Guardo Masterchef Spagna perché mi piace e mi dà idee per il mio lavoro. Come è successo con Raul.

Arrivi dal mondo dell'illustrazione. Cosa ti piaceva di quel mondo e perché? Cosa ti ha poi spinto a passare alla stop motion?
Allora, noi allo IED iniziamo un percorso di illustrazione e animazione. Purtroppo non facciamo animazione stop motion, è poco trattata, si fanno poche ore di lavoro. Si fa invece tanta illustrazione, e io adoro disegnare tutt'ora, specie illustrazione per l'infanzia. Però, sono arrivata a un punto in cui mi sono chiesta: "Voglio per tutta la vita fare la freelancer e fare libri per bambini o cataloghi?" No. L'animazione 2D, nonostante mi piaccia, non mi ha mai fatto profondamente innamorare. Ecco, invece con la stop motion, forse perché sono anche una grandissima fan di Tim Button, mi sono innamorata. Poi è una cosa molto figa secondo me, il creare qualcosa di animato con le tue mani. Non è soltanto disegnarlo, ma proprio dargli vita, vedere una cosa che sai che è una bambola e dire: "Cavolo, ma sembra così reale!" [...]. Con la stop motion, non ci pensi neanche al fatto che è mosso da una persona.
Da grande fan, non posso non chiedertelo: qual è il tuo film preferito di Tim Burton?
La sposa cadavere. [...] Adoro quel film, è il mio preferito. Mi sono ritrovata nel personaggio di Emily, quindi mi sono riuscita a immedesimare davvero tanto nel film. Lo adoro anche per le atmosfere e i colori, nonostante ci sia tanto bianco.
Possiamo dire che Tim Burton è la tua più grande ispirazione?
Mi sono sempre ritrovata molto in Tim Burton. Infatti fin da piccola mi leggevo la sua biografia. Cercavo di capire come fosse arrivato a fare determinate cose, perché sono anche un po' maniacale. Se mi testo con una persona o con un obiettivo, io lo raggiungo. Sì è sì. Infatti il cortometraggio di tesi mi era stato fortemente sconsigliato perché dicevano che non avevamo le adeguate conoscenze per poterlo fare. Io l'avevo proposto già in seconda [...]. Così ho contattato RES Animata, che all'inizio non mi voleva prendere perché non avevano bisogno di persone. Ho iniziato a scrivergli ogni giorno per un mese chiedendo di poter venire fino a quando il ragazzo, poverino, ha dato la resa, non sopportandomi più e mi ha permesso di venire. Mi sono fatta tutta l'estate lavorando con loro mentre anche facevo gli esami, venivo e facevo tutte le giornate, là facevo dalle 9 alle 7 per poi tornare a casa. Facciamo un'ora di mezzi e lavorare agli esami e no, non accetto che mi venga detto di non saper fare qualcosa. Se non so fare qualcosa devo trovare il modo di saperla fare, specialmente se ho un'idea intensa. La voglio realizzare: non sono una di quelle persone che molla.

Abbiamo quasi finito. Cosa comunica la tua arte? Chi vuoi raggiungere con i tuoi progetti?
Domanda difficile. A me piacerebbe che le persone, vedendo quello che faccio, possano prima di tutto interessarsi a questa tecnica, poi che possano in qualche modo trovare ispirazione per i loro lavori [...]. Quello che vorrei comunicare è uno stato d'animo, un disagio sociale che noi giovani viviamo, che è abbastanza comune a tutti quanti, ma che si fa finta non esista o che sia una fase di vita poco importante, quando invece è molto, molto importate [...]. Penso, per esempio, il mio protagonista Cristian, moltissime persone possano ritrovarsi in lui e nella difficoltà che noi giovani affrontiamo in questo mondo dove siamo davvero soli, tanto nella crisi dei vent'anni, ma anche in questo mondo lavorativo. Ne conosco davvero tanti, bravissimi, lasciati da parte o con poche opportunità. Purtroppo siamo un paese che, nonostante dovrebbe essere il paese dell'arte, è svenduto e lasciato un po' a se stesso. Ed è un peccato perché alla fine è questo che rende anche un paese molto importante. Il patrimonio artistico è quello che le persone possono offrire, quindi l'obiettivo è far sì che chi vede i miei lavori possa ritrovarsi sia nell'aspetto emotivo, ma anche dire: "Ah, cavolo, allora questa cosa si può fare oggi stesso. C'è qualcuno che la fa, e posso farla anch'io!".
Grazie, Jasmine.
Potete supportare il cortometraggio di Jasmine al link nei Contatti.
Gianmaria Simone
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